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Dormire per dimenticare

Ogni giorno, riceviamo un numero inimmaginabile di input e informazioni che arrivano al nostro cervello in attesa di essere analizzate ed elaborate.

Come mai assimiliamo certi dati, certe informazioni e ne cancelliamo o dimentichiamo altre?

Il detto detto popolare dice “bere per dimenticare”. In realtà, decisamente più salutare e funzionale è “dormire per dimenticare”.

Alcuni rinomati studi di neuro-scienziati italiani, che operano per il Wisconsin Center for Sleep and Consciousness e pubblicato articoli su Science, affermano che durante il sonno, il nostro cervello fa una accuratissima selezione di tutti i dati che arrivano, andando ad individuare ciò che ritiene “necessario” e ciò che invece non lo è, ovvero le informazioni superflue.

Osservando le giunzioni tra le cellule nervose (sinapsi), in un esperimento effettuato su dei topi per svariati anni, hanno visto che il cervello agisce in maniera molto simile ad un computer, ovvero effettua un vero e proprio “scan” di tutti i dati. Alcuni li “sposta nel cestino” altri li lascia inalterati per utilizzarli. Per far sì che questo processo di selezione funzioni al meglio il sonno è fondamentale. Tanto è vero che durante l’osservazione di topi, quelli che avevano dormito e riposato di più avevano le sinapsi che risultavano più piccole rispetto a quelle dei topi rimasti a stati di veglia più lunghi.

Questo fine lavoro del nostro cervello si chiama Ipotesi dell’omeostasi sinptica, proprio perchè è un autogestione del nostro cervello che va ancora una volta a sottolineare quanto esso sia realmente una macchina perfetta che per non affaticarsi attiva in un certo senso, (proprio come una macchina, o il nostro cellulare) la modalità di risparmio energetico, si auto-pulisce dalle informazioni in eccesso per risparmiare spazio e batteria.

Ogni giorno immagazziniamo quantità di dati e informazioni infinitamente grandi, troppo grandi per il nostro “spazio”.

Per non influenzare negativamente questo processo naturale che il nostro cervello compie ogni notte, è bene mantenere un corretto equilibrio sonno-veglia: se si sta in piedi troppo a lungo, riducendo nettamente la quantità di ore riposate, le sinapsi – che crescono forti durante il giorno – hanno messo tempo e possibilità di ridursi durante la notte (e parliamo di una riduzione del 20%).
A lungo andare questo fa sì che la memoria funzioni in maniera meno produttiva, essendo, di fatti, più piena.
Assieme alla ricerca dei due neuroscienziati italiani, il dottor Graham Diering della John Hopkins University ha coordinato uno studio su alcune proteine del cervello dei topi per dare una validazione biochimica al processo di ipotesi dell’omeostasi sinaptica.
I risultati delle due ricerche possono essere molto utili sia nello studio di farmaci contro l’insonnia che in quelli sul funzionamento del nostro cervello, in particolare riguardo a ciò che accade nel sonno.

Se lasciar andare memorie ed informazioni può essere a volte un atto difficile, se non impossibile, da oggi sapete che il nostro cervello sembra invece costretto a farlo per la necessità di costruirsi nuovi ricordi e scenari.
Prestare attenzione al ritmo sonno-veglia, cercando di riposare bene e con regolarità, può facilitare al cervello il compito di selezionare le informazioni di cui liberarsi per fare spazio.

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